Storie di persone,
animali e Fiori di Bach
Il secondo obiettivo del medico del futuro sarà quello di somministrare rimedi tali da aiutare il corpo fisico ad acquisire forza e lo spirito a diventare calmo, ad allargare il suo orizzonte tendendo verso la perfezione e portando così pace e armonia a tutta la personalità. Edward Bach
Qui di seguito troverai raccontati alcuni casi seguiti nel corso degli anni. Ho scelto quelli che ho ritenuto più significativi, non solo dal punto di vista dei risultati, anche che possano testimoniare le notevoli potenzialità del metodo dei Fiori di Bach, se usato adeguatamente.
Se ti piacciono le storie e vuoi scoprire cosa si può fare con i Fiori di Bach, resta sintonizzato sulla pagina!
Nella tutela della privacy, tutti i nomi ed altri elementi utili al riconoscimento dei protagonisti, sono stati modificati.
Superare un trauma ed il sentimento di esclusione …
Durata del trattamento: due mesi
Dafne è una pincher di cinque anni. Insieme a Brandon e Rambo formano la famiglia di Rita e Giorgio. Tutti e tre sono amati e coccolati come bambini, perché la coppia, nonostante lo desideri moltissimo, non ha ancora figli. Dafne, la prediletta, è trattata come una principessa. E’ abituata ad essere sempre al centro dell’attenzione e con il suo caratterino vivace e volitivo, senza essere prepotente, è lei il capo. A novembre Rita scopre di essere finalmente incinta. La coppia non sta nella pelle, e si prepara all’evento. Luce nasce in agosto ed è naturale che le attenzioni dei genitori si concentrino su di lei. Rita e Giorgio sono felici di allargare la loro famiglia, composta di persone e cani. Non tutti però vivono il grande cambiamento allo stesso modo. Rita all’inizio non da peso alla cosa ma si accorge che Dafne comincia a mangiare un po’ meno, ad essere scontrosa e a differenza degli altri due cani si tiene a distanza dalla bambina. A marzo dell’anno successivo la cagnolina ha poco appetito e poca energia. Dalle analisi del sangue risulta positiva al virus della leishmaniosi. Iniziano a curarla ma la situazione peggiora. In estate le trovano tracce di sangue nelle feci e riscontrano la presenza di un raro fungo intestinale. A questo punto, la cagnolina non mangia più, non trattiene né feci né urina, arriva a pesare 4.5 Kg, da 9 che era. Rita e Giorgio sono preoccupatissimi e decidono di ricoverarla in una clinica veterinaria di zona dove resterà un mese. Temono per la sua vita. Rita mi racconterà più tardi, quando raccolgo tutti gli elementi che mi serviranno per scegliere i fiori, che in clinica, Dafne si ambienta subito e bene. Sembra contenta di essere curata e coccolata dal personale e da Rita e Giorgio, che vanno a trovarla spessissimo. Rita ci tiene a dirmi che proprio in clinica, di fronte a medici e “genitori” Dafne ha avuto quello che hanno diagnosticato come un attacco epilettico, facendo spaventare tutti. Fra me e me penso che è di nuovo al centro dell’attenzione da protagonista! Io la incontro a metà novembre, è tornata a casa da un mese perché il peggio è passato.
Mi viene incontro lungo il vialetto, insieme agli altri due cani, trotterellando affaticata. E’ pelle e ossa (pesa solo 5kg) Si fa accarezzare docilmente, a me sembra decisamente provata e, so che può risultare un’impressione azzardata, anche triste.
Rita e Giorgio sono comunque contenti che l’abbia scampata, anche se dubitano che possa ristabilirsi del tutto.
Con gli animali il lavoro floreale è da un lato più semplice, perché sono emotivamente meno sfaccettati di noi e dall’altro più complesso, non potendo esprimersi verbalmente. I loro comportamenti vanno decodificati ed interpretati. Nella pratica, si tratta di raccogliere dati dai racconti dei padroni, se possibile osservarli dal vivo e di formulare delle ipotesi.
La mia è che Dafne con l’arrivo della neonata, si sia sentita abbandonata affettivamente da Rita e Giorgio, e che abbia addirittura finito per ammalarsi gravemente per recuperare tutte le attenzioni dei padroni. Adesso è una cagnolina stremata che deve comunque reinserirsi in un contesto relazionale diverso, dove non potrà più avere un ruolo esclusivo e ancora ne soffre. Le preparo una miscela floreale per aiutarla a recuperare energia, ottimismo, fiducia nel riuscire ad affrontare uno stress straordinario, capacità di adattamento ad una situazione mutata e soprattutto che l’aiuti a superare il bisogno di egocentrismo affettivo.
Dopo solo una settimana Rita mi scrive che Dafne mangia molto di più e con voracità, è più vivace e le feci da molli sono ridiventate solide. Qualche giorno dopo mi scrive incredula che comincia ad avvicinarsi a Luce, da cui finora si teneva alla larga. E’ anche ingrassata di un paio di etti. Nei successivi aggiornamenti, apprendo che la situazione continua a migliorare, la cagnolina prende peso, ha più energie, sale sul letto dove sta la neonata e le resta accanto a schiacciare pisolini. Ha finalmente abbandonato la posizione rannicchiata mantenuta spesso nei mesi precedenti, a favore di pancia all’aria. Dopo un mesetto vado a trovarli e a fare il punto della situazione.
Dafne sta complessivamente molto meglio, ancora però non ha recuperato completamente. Rispetto agli altri due cani è meno vitale, resta a lungo sul divano, perde molto pelo. Giorgio sebbene sia contento, dubita che possa tornare davvero in forma.
Nella nuova miscela rimetto i fiori già usati a cui decido di aggiungere Star of Bethlehem, un rimedio che si utilizza quando si è reduci da un shock (emotivo, fisico o entrambi) che ha compromesso le energie vitali dell’organismo. Effettivamente Dafne, che ha rischiato di morire, ha subito un grosso trauma. Quando ci aggiorniamo, un paio di settimane dopo, l’impressione di Rita è che la nuova miscela abbia dato un ulteriore input alla ripresa.
Mi racconta che Dafne è molto più attiva, e che corre e abbaia come faceva un tempo. All’ecografia di controllo, i linfonodi precedentemente ingrossati risultano ridotti, ed il veterinario, valutando il quadro nel complesso, decide di dimezzare il farmaco antiepilettico. A metà gennaio Dafne pesa 6.4 kg. Nei due mesi che seguono Rita continuerà a mandarmi foto di Dafne e Luce insieme.
Come lasciarsi alle spalle un matrimonio finito …
Durata del trattamento: quattro mesi
Emanuela, 39 anni, single decide di provare il trattamento con i Fiori di Bach dopo aver frequentato un mio corso ed essersi fatta l’idea che i Fiori di Bach ed io potremmo essere adatti a risolvere la sua situazione.
Durante il nostro primo colloquio mi confessa, tra vergogna e disperazione, di essere incastrata in una relazione ambigua con l’ex-marito da cui si è separata molti anni prima. Una relazione basata su una sua forma di dipendenza, sulla convinzione di un legame speciale, forse indissolubile, su tanta insoddisfazione e frustrazione.
L’ex- marito, lasciato perché la ingannava con un’altra donna, è attualmente di nuovo sposato, con figli. Anche lei, qualche anno dopo la separazione, ha avuto una relazione sentimentale, ormai conclusa da molti mesi. Un po’ si vanta che l’ex marito continui a cercarla sessualmente (perché a stringere, di questo si tratta), nonostante il tanto tempo passato e le altre donne: per lei è come una piccola rivalsa. Ma è anche consapevole che questa frequentazione non può evolvere in nulla di costruttivo e rappresenta solo un vincolo limitante. Emanuela, nel profondo del suo cuore, vorrebbe scrollarselo di dosso e voltare definitivamente pagina, ma non ci riesce.
Lavoreremo sulla fiducia di poter cambiare lo stato delle cose, Emanuela lo desidererebbe tanto ma in fondo non ci crede; sul riuscire a vedere quest’uomo, molto amato in passato, per quello che è concretamente, ovvero una persona scorretta ed egoista; sul facilitare il distacco definitivo, perché la donna ha una paura profonda di rimanere sola. I rimedi usati nel corso dei mesi saranno: Wild Rose e Gentian per infonderle fiducia nel poter modificare la situazione; Chicory (che rispecchia il suo tipo di personalità affettivamente dipendente) ed Heather, entrambi per facilitare il distacco e non temere troppo la solitudine; Vervain e Rock Water per aiutarla a mettere in discussione le sue convinzioni radicate, eppure sbagliate e nocive; Chestnut Bud, per sollecitarla a non ripercorrere comportamenti dannosi che lei per prima vorrebbe evitare; Crab Apple per la cattiva percezione di sé.
Più agevolmente di quanto non pensasse, riuscirà a sganciarsi dal passato e a proiettarsi definitivamente in avanti. Mettendo in sordina la mente (che troppo spesso ripete convinzioni insensate e false) ed ascoltando solo il cuore, Emanuela finalmente riconosce con serenità che ormai non c’è più nulla di reale e vivo verso l’ex marito. L’incantesimo, da lei stessa creato, può sciogliersi.
Vorrei smettere il farmaco ipertensivo …
Durata del trattamento: un mese
Piero è un uomo di 64 anni. La moglie, che in passato si è interessata di medicina complementare, gli ha proposto di provare i Fiori di Bach. Lui invece non ne sa nulla. Non è scettico, né fiducioso, solo disponibile. La sua richiesta iniziale è di riuscire a lasciare un noto farmaco per la pressione alta, che prende in maniera piuttosto continuativa da diversi anni, e di cui da qualche tempo avverte più gli effetti collaterali che i benefici. Da subito, gli dico che non ho le competenze per intromettermi nella decisione di prendere o meno il farmaco, tuttavia, molto cautamente, lo informo che alcuni rimedi floreali, genericamente definibili rilassanti, potrebbero avere ripercussioni positive anche sulla pressione sanguigna.
La consulenza è anche la sua prima occasione per parlare con un terapeuta. Partendo dalla pressione alta e dalla descrizione dei fastidi causati dal farmaco, mi racconta del suo carattere, volitivo, deciso, frenetico, anche esplosivo, della vita di completo successo che ha avuto, di un intervento chirurgico importante, ed in parte invalidante, a cui si è dovuto sottoporre alcuni anni prima.
Negli ultimi tempi, si riconosce insofferente a tutto, facilmente irascibile, irrequieto anche di notte, quando si risveglia spesso. Un po’ alla volta, viene fuori la mancanza delle sfide lavorative che ha cercato durante tutta la brillante carriera, e che lo esaltavano; il poco coinvolgimento nel presente; una sfiducia velata verso il futuro, forse immaginato prevedibilmente noioso.
Non è stato facile toccare il punto dolente, perché Piero è fondamentalmente un uomo d’azione, solare e costruttivo, non certo uno che indulge nella lamentela, a maggior ragione, fermarsi per riconoscere e contattare la propria tristezza è stato importante. Il passo necessario per superarla.
Gli propongo una miscela per aiutarlo a rilassarsi con Impatiens, Beech e Cherry Plum, a cui aggiungo Honeysuckle, per sfumare la nostalgia verso un passato brillante e verso la prestanza fisica di un tempo; Gentian, per aiutare uno sguardo fiducioso verso il futuro; Chestnut Bud, perché mi dice che troppo spesso si ritrova a ripetere comportamenti che lui per primo trova inutili e dannosi; Heather, perché ho l’impressione che in questo periodo si senta più fragile e bisognoso di attenzioni. Chiedo il suo parere al riguardo e non mi smentisce.
Una decina di giorni dopo, mi riferisce di sentirsi più rilassato e sereno, di riuscire a prendere le cose con più filosofia, di dormire meglio, alcune notti senza nessun risveglio e senza il bisogno di alzarsi per camminare, come accadeva prima. La pressione arteriosa si è leggermente abbassata. Ha deciso anche di modificare alcune abitudini che puntualmente lo portavano ad avere reazioni d’ira. L’umore è molto buono ed è arrivato a pagina 180 del suo secondo romanzo da autore.
Mi richiamerà più di un mese dopo la fine del trattamento, dicendomi di sentirsi decisamente bene ed ancora in quel flusso positivo attivato dai rimedi.
Una coppia in crisi, due storie di dipendenza …
Durata del trattamento: un anno e due mesi
Francesca è una bella ragazza poco più che trentenne, che mi contatta per sapere se potrò seguire lei ed il fidanzato, alle prese con una crisi di coppia. Ha ricevuto il mio nominativo da una cliente entusiasta ma personalmente non conosce i Fiori di Bach. Li incontro insieme per spiegare ad entrambi in cosa consiste il mio lavoro e propongo loro di seguirli separatamente.
La prima consulenza è con Matteo, trentenne anche lui, che mi racconta la situazione dal suo punto di vista e soprattutto mi parla di sé. Frequenta Francesca da sette anni e l’ultimo anno è un continuo avvicendarsi di discussioni accese e vere e proprie liti. I due hanno caratteri e stili di vita molto diversi.
Matteo si descrive come una persona problematica, da tempo alle prese con ansia, stati depressivi, disturbi ossessivo-compulsivi, psicofarmaci, molti percorsi terapeutici intrapresi ed interrotti, un rapporto conflittuale con il padre.
Da qualche mese ha cominciato apertamente una relazione parallela con una “vecchia” fiamma, Giada. E’ legatissimo a Francesca e sogna un futuro idilliaco con lei ma è attratto anche dall’altra con cui, in realtà ha più affinità. Mentre procede nel suo racconto, realizzo la complessità della persona e dei suoi disturbi e mi domando se e come sarò in grado di aiutarlo. Seleziono comunque una miscela di rimedi per riaccendere la speranza ridotta ai minimi termini di poter risolvere i propri problemi, sostenerlo nella fiducia, stabilizzare l’umore così oscillante, placare i pensieri ossessivi che lo assillano. Prenderà Gorse, Gentian, Scleranthus, Heather, Crab Apple, Elm.
Quindi incontro Francesca che conferma la storia di Matteo. Al contrario di lui che appariva calmo e quasi distaccato, la ragazza è un fascio di nervi ed emotività dilagante. Tra noi scattano immediatamente una simpatia ed una fiducia reciproche, oltre il consueto, che ci permetteranno di impegnarci nella relazione terapeutica al meglio delle nostre possibilità. Francesca non ce la fa più a sopportare la situazione nella quale è completamente impantanata ed il rendersene conto non fa che accrescere il suo stress.
Si sente ingannata, in preda alla gelosia, impotente, incapace di dare una svolta a questo stato di cose, quindi bloccata. Reagisce controllando Matteo in maniera ossessiva, accusandolo, minacciandolo, facendo scenate e richieste ma tristemente sa che lo stesso cliché si è già ripetuto un numero sufficiente di volte da fiaccare ogni illusione.
I primi mesi li impiegherò per aiutarla a calmarsi e ad accettare la situazione in cui è coinvolta con maggiore serenità abbassando il livello di rabbia, mantenendo l’umore stabile ed uno sguardo fiducioso verso il futuro. Cominciamo a lavorare, un passetto alla volta, sulla possibilità di un rapporto più distaccato con Matteo. Francesca risponde alla terapia floreale da subito molto positivamente. Fin dal primo mese, avverte che dentro di sé, si cominciano ad attivare qualità positive e risorse, che l’aiutano a vivere meglio la sua realtà. I primi rimedi sono Cherry Plum, Holly, Chicory, Heather, Gentian e Scleranthus.
Incontrerò Matteo in parallelo, alcune volte durante cinque mesi, lui discontinuo con le gocce floreali e con gli appuntamenti. Decido di dedicarmi esclusivamente a Francesca quando emergono una serie di infedeltà precedenti nei suoi confronti ed io mi sento in difficoltà nel continuare a seguire entrambi e riuscire a mantenere un atteggiamento interiore neutrale. Matteo dal canto suo, sceglie di impegnarsi regolarmente in una nuova psicoterapia (anche in seguito alla pressione di Francesca per curarsi) che nel corso dei mesi successivi produrrà qualche effetto sull’umore complessivo del ragazzo, e cosa ben più importante, sulla sua autonomia.
Con il passare del tempo, Francesca prenderà consapevolezza della propria dipendenza affettiva (di come siano le rispettive dipendenze a legarli) e ripercorrendo la propria storia infantile, con un padre latitante e una madre troppo oberata dalle difficoltà quotidiane, per occuparsi dei bisogni affettivi della figlia piccola, della sua origine dolorosa. Rock Rose, Aspen, Centaury, Red Chestnut e Walnut che prenderà per molti mesi, la sosterranno nelle paure profonde di restare sola e di non avere le forze per affrontare la vita, nel riuscire anche solo ad immaginare un futuro senza Matteo. Con spirito fiero, che si rivelerà sempre più volitivo, Francesca alimenta il suo desiderio di autonomia e scopre la forza di scendere alle proprie fondamenta per solidificarle. Da un certo momento in poi mi ripeterà, contenta e stupita, di sentirsi via, via più forte, padrona di se stessa e della propria vita, meno alla mercé delle pressioni e dei ricatti di Matteo, che tenterà in ogni modo di trattenerla. Anche Clematis svolgerà un ruolo importante, aiutandola nel lasciare andare le illusioni sulla relazione, a cui nonostante tutto continua ad aggrapparsi. Rock Water e Pine la spingeranno ad iniziare a guardarsi attorno, e a considerare, ragazzi diversi da Matteo.
Dopo un anno dall’inizio del trattamento con i rimedi, Francesca mi confessa dispiaciuta ed incredula di non riuscire a prendere le gocce con l’assiduità mantenuta durante tutti i mesi precedenti. La rassicuro sul significato del gesto: i rimedi non le servono più perché grazie al lavoro fatto insieme, è diventata capace di sostenersi e di riconoscere più chiaramente cosa desidera per la sua vita. Perlomeno, cosa non le si addice più.
La risentirò alcuni anni dopo, single dopo qualche relazione ed una convivenza fallita. Verso Matteo, rimasto nei problemi di sempre, c’è ormai un affetto fraterno.
Lasciar perdere psicofarmaci e … placebo …
Durata del trattamento: un mese
Debora è una cara amica che frequento da anni. 46 anni, lavoratrice dipendente, single, senza figli. Ne conosco bene il carattere e le difficoltà. Ha cominciato una psicoterapia da un paio di mesi. Si è finalmente decisa, dopo anni in cui affronta ciclicamente le stesse difficoltà di relazione, soprattutto con gli uomini. Il tema principale che porta al terapeuta è proprio questo: il desiderio fortissimo di una relazione stabile e soddisfacente e l’incapacità di realizzarla. Relazioni che muoiono ancor prima di nascere, relazioni concluse da parte di uomini che le interessano, rapporti non chiari e da cui si scopre dipendente.
Tuttavia, nonostante abbia cominciato una psicoterapia, il suo morale è completamente a terra. Vede tutto nero, nessuna prospettiva, nessuna via d’uscita ad una situazione esistenziale che sente ormai definitivamente e negativamente tracciata. Il terapeuta, constatando l’umore così cupo ormai da alcune settimane, senza che il lavoro insieme riesca ad aprire nessuno spiraglio positivo, le suggerisce di contattare lo psichiatra di riferimento per valutare la possibilità di assumere un farmaco antidepressivo.
Invece Debora mi chiede i rimedi, che negli anni ha usato diverse volte, sempre con risultati positivi. L’autocommiserazione che è un suo tratto emotivo distintivo, è all’ennesima potenza. Mi dice che ha perso ogni speranza che la vita possa portarle qualcosa di buono. Che ha frequenti crisi di pianto. Che non sopporta nessuno. Che nonostante la sua ultima breve relazione sia finita da qualche mese rimpiange l’ex ed è certa di non trovare mai più un uomo così valido. Che si vergogna di dire a chicchessia di non avere un partner. Che si sente addirittura umiliata dal proprio gatto, secondo lei poco affettuoso, da cui si sente respinta, ancora una volta. Non essendo una cliente ma un’amica, mi permetto procedure che altrimenti non azzarderei. Perciò le dico, senza dare troppe spiegazioni, di voler fare un primo tentativo, probabilmente non risolutivo. Lei si affida ed accetta. La mia miscela punta principalmente sul vittimismo e volutamente, tralascio altri aspetti. Il mio obiettivo è verificare quanto possa incidere il sentimento di vittimismo e amarezza in questo specifico stato depressivo e se sia sufficiente trattarlo per modificare l’intero quadro emotivo. Combino Willow- Chicory- Crab apple- Chestnut Bud- e Beech. La risento dopo meno di una settimana e la situazione complessivamente non è migliorata. Decido di aggiungere Gentian e Gorse. Un paio di giorni più tardi mi scrive che ha come l’impressione di scorgere uno spiraglio di luce. Ci sentiamo dopo altri cinque giorni e mi riferisce che continua a piangere, disperata. A quel punto, resta solo rifare la miscela daccapo. Unisco Willow (autocommiserazione-amarezza-risentimento); Gentian (sfiducia); Gorse (perdita di ogni speranza, rinuncia interiore); Sweet Chestnut (angoscia di chi si trova con l’acqua alla gola e non sa come venirne fuori); Star of Bethlehem (dolore per la perdita affettiva). Le crisi di pianto smettono definitivamente il giorno stesso. Tre giorni dopo si iscrive ad una chat per avere più possibilità di socializzazione ed esce con un uomo che trova molto attraente. Trascorrono una serata piacevole ma lui non la richiama e Debora non ne fa una tragedia. All’avvicinarsi del fine settimana teme il solito umore nero di chi si ritrova sola e con parecchio tempo a disposizione, invece poi si organizza impegnandosi in attività che le piacciono. Dice: “Finalmente ho ritrovato la voglia di fare le cose che mi fanno stare bene. Ora mi riconosco!”. Sulla chat incontra un paio di uomini che la corteggiano e le sembrano interessanti. Decide di approfondire la conoscenza, senza troppe aspettative, cercando di mantenersi lucida e leggera.
L’umore è nettamente migliorato, il dolore per la relazione finita definitivamente superato, l’atteggiamento verso se stessa ed il futuro è molto più fiducioso. Insomma, con i rimedi giusti, niente antidepressivo!
Dal mio punto di vista, questa storia conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che i rimedi appropriati funzionano e gli altri no. Placebo a parte.
Come recuperare il proprio spazio …
Durata del trattamento: quattro – cinque mesi mesi (assunzioni molto discontinue, al massimo una volta al giorno, non tutti i giorni)
Zuma e Tigre sono due gatti di dieci anni, maschi, sterilizzati, fratelli. Di caratteri opposti, Zuma è un vero boss, affettuosissimo con le persone e dominante con i suoi simili, mentre Tigre, nonostante la stazza superiore, è emotivo, timoroso e coccolone. Sono cresciuti insieme e fino ad una certa età andavano d’accordo, poi, da un certo momento, non saprei trovare un motivo preciso, il rapporto è cambiato. I giochi si sono trasformati in vere e proprie lotte, in cui puntualmente Zuma aveva la meglio e l’altro se la dava a gambe levate. Insomma Zuma, voleva il controllo totale del suo territorio ed il fratello fuori dalle zampe. Gradualmente Tigre ha iniziato a farsi vedere di meno in giro (i due gatti vivono prevalentemente nel giardino e dintorni ed entrano in casa solo per mangiare, per un po’ di coccole serali e d’inverno quando è molto freddo), a volte passava qualche giorno prima che tornasse a mangiare. Mia madre aveva imparato a chiamarlo ad alta voce e quasi sempre poco dopo arrivava, guardingo nei confronti del fratello, per prendere il suo pasto e la sua razione di coccole, altrettanto importanti. Mia madre aveva scoperto che frequentava uno spazio verde non distante e se il gatto non rispondeva ai ripetuti richiami gli portava la scatoletta a domicilio. Circa tre mesi fa, Tigre comincia a lanciare degli urlacci non appena addenta il paté scappando via senza mangiare. Mia madre ipotizza che abbia difficoltà di masticazione e gli diluisce la pappa. Nel giro di pochi giorni il gatto perde parecchio peso e con l’aiuto di un’amica esperta gli si fa un’iniezione di antibiotico. L’infiammazione alla bocca migliora, ma il comportamento del gatto no.
Più pauroso del solito, si guarda in giro di continuo temendo l’arrivo del fratello, mangia poco, e solo se accarezzato.
Io mi preoccupo ed intravedo una pericolosa china discendente, perché ho già esperienza di gatti che sentendosi in qualche modo rifiutati, si lasciano morire. E’ arrivato proprio il momento di preparargli dei Fiori, che però, già lo so, verranno somministrati in maniera molto discontinua (quando mia madre se ne ricorderà). Non importa, la mia esperienza mi rassicura che un effetto ci sarà comunque.
Nella miscela metto quattro rimedi: Mimulus per il temperamento timoroso; Heather per il grande bisogno di coccole e attenzione; Willow per l’atteggiamento un po’ da vittima; Gentian perché lo immagino triste di non potersene stare tranquillo a casa sua e di essere messo sotto dal fratello. Torna ad essere un po’ più assiduo e sereno, ma avverto che la miscela non è ancora completa.
Aggiungo Aspen, perché ho l’impressione che Tigre a questo punto si senta sempre un po’ minacciato. Anche quando il fratello non c’è, si guarda di continuo le spalle e scappa per un nonnulla. E Scleranthus, perché i suoi repentini cambiamenti (viene a casa e dopo un attimo se ne va, fa le fusa ed improvvisamente smette, inizia a mangiare, poi interrompe, per poi riprendere) mi comunicano instabilità.
Già dopo pochissime somministrazioni mia madre mi riporta dei cambiamenti significativi. Il gatto si fa vedere tutte le sere, ed anche di giorno è più spesso nei paraggi. Non fugge più alla vista del fratello, che in risposta al nuovo comportamento, lo tollera senza attaccarlo. Non fa più mille storie per mangiare, per la gioia di mia madre che stava cominciando a stancarsi. Ha riacquistato equilibrio, un po’ di peso e buonumore.
Come superare l’ansia ed inserirsi in un ambiente nuovo …
Durata del trattamento: sei mesi e mezzo
Cristiana mi contatta per sua figlia Roberta, una ragazza di 14 anni, studentessa al primo anno di un istituto tecnico per il turismo. Non conosce i Fiori di Bach ma ha visto personalmente gli effetti positivi prodotti da un trattamento con i rimedi in una collega, mia cliente. Da lì si è convinta che possano fare al caso della figlia. Cristiana è preoccupata perché Roberta sta soffrendo di forte ansia da sei mesi ovvero da quando ha cominciato il nuovo corso scolastico, sfogandosi a casa con pianti frequenti, lamentele continue, pretese, richiesta di attenzione.
Di conseguenza, tutta la famiglia (madre, padre e sorella maggiore) è in uno stato di stress, ma soprattutto lei, con cui la ragazza ha il legame più forte. Da poco, Roberta assume degli ansiolitici naturali, senza benefici di rilievo. Cristiana è una donna forte che affronta le difficoltà con risolutezza e realismo, con la volontà non comune di mettersi in discussione e già anni prima, nel passaggio di Roberta dalle scuole elementari alle medie, ha vissuto la stessa situazione. All’epoca, l’intera famiglia si era recata a consulto da una psicoterapeuta che aveva messo a fuoco alcuni elementi nella giovane personalità di Roberta ma anche nel nucleo familiare, potenzialmente responsabili dell’ansia straordinaria della bambina. Roberta però, si era opposta da subito alla dottoressa che non riuscendo a creare un legame di collaborazione aveva fatto presente l’inutilità del percorso, conclusosi infatti in pochi incontri. In quella occasione, lo stato di emergenza emotiva era durato circa un anno.
Questa seconda volta, Cristiana oltre alla preoccupazione per la figlia, che vorrebbe aiutare senza sapere bene come, somma l’apprensione per i propri problemi di salute piuttosto seri, sopraggiunti negli ultimi mesi. Al primo incontro con Roberta, che non mi sembra timida ma circospetta e seria, metto a fuoco la carica di pessimismo, la grande apprensività, il suo sentirsi inadeguata in mezzo alle nuove compagne di scuola, con cui non riesce a legare e che giudica con disprezzo, la drammatizzazione con cui vive il periodo. E’ poco loquace;“ora che va tutto male” è l’affermazione che ripete più spesso. Il rendimento scolastico invece, è molto buono, perché si applica con estremo rigore (la mamma parla di perfezionismo). Anche la pallavolo, che pratica con impegno giocando in una squadra, è una importante fonte di soddisfazione, ma Roberta fatica a riconoscerlo. In questo periodo è totalmente assorbita dal problema dell’ansia, le pare che non esista altro. Non riesce a vedere i tanti aspetti positivi e felici della sua vita. Ammette di piangere spesso in famiglia ed il bisogno di essere confortata dalla madre, che vorrebbe ancora più presente. Comincio da lì, usando Gentian, Heather, Willow, Crab Apple, Elm e Chicory. Con Cristiana ci teniamo aggiornate spesso e a lei sembra di notare un lieve miglioramento, i pianti inizialmente sembrano ridursi, anche le richieste di attenzione. Nei primi due mesi in realtà, un sostanziale miglioramento dell’ansia non c’è, al contrario Roberta che aveva sperato nell’azione risolutiva delle gocce floreali, si deprime ancora di più e riprende con quelle che la madre mi descrive come vere e proprie scenate isteriche, con tanto di urla, pianti, piccoli atti di autolesionismo, minacce di suicidio. Le cose non vanno come vorrebbe, e la ragazzina reagisce con rabbia e disperazione. Ma continua a prendere le gocce con regolarità, segno per me che qualcosa di positivo avverte, anche se non abbastanza da fare la differenza. Intanto mi confronto con due amiche psicoterapeute sulla serietà di quelle minacce, ed entrambe mi confermano la loro innocuità. Dal canto mio, so di non avere centrato il nocciolo della questione e decido, di comune accordo con madre e figlia, che procederemo col trattamento floreale ancora per un mese. Se al termine non ci sarà un miglioramento evidente, Roberta si dice disposta ad incontrare una psicoterapeuta di mia conoscenza.
Userò anche Gorse, Cherry Plum, Larch, Water Violet, e Scleranthus, ed ovviamente si verificano alcuni miglioramenti verso una maggiore comunicatività ed un avvicinamento ad alcune compagne. La svolta però avviene quando Roberta finalmente mi urla apertamente di un vero e proprio terrore nell’andare a scuola e nel doversi relazionare con le nuove compagne, in fondo delle sconosciute, che vede tanto diverse da sé. Inserisco Aspen e Rock Rose, per il senso continuo di minaccia e per i momenti di panico, mantenendo Gorse Larch, Gentian, Heather, e Water Violet. Finalmente, nel giro di una settimana Roberta, con il suo fare cauto, non incline all’entusiasmo, e tantomeno alla suggestione piuttosto alla concretezza, mi riferisce di sentirsi più calma e serena. Da quel momento, la sensazione di essere al sicuro, nonostante la strada per ambientarsi sia ancora lunga, si rafforzerà settimana dopo settimana prendendo il sopravvento, ed il panico sarà sempre più raro, fino a diventare un ricordo da lasciar andare. Anche Rock Water è un rimedio importante per Roberta, che l’ aiuterà nell’accettazione della propria fragilità e nell’indulgenza verso se stessa, senza pretendere di essere perfetta. Parallelamente, la guido in un lavoro di consapevolezza e contatto con le sue emozioni che, difficilissimo durante il precedente periodo di crisi, risulta adesso possibile. La invito a cercare di fare amicizia con l’ansia, ora che è lieve e molto più sporadica. Le prospetto che considerando il suo temperamento apprensivo e poco fiducioso, è probabile possa riaffacciarsi anche in successivi momenti di difficoltà. Accettarla e saperla gestire potrebbe essere vantaggioso per lei. Faccio leva sulla sua ragionevolezza e funziona. Dopo sei mesi è lei stessa a propormi di concludere il nostro lavoro. Ormai si sente tranquilla, va a scuola con piacere, e lentamente sta stringendo amicizia con qualche compagna che vede più affine a se stessa.
Inoltre, mi riferisce di prendere le gocce con minore regolarità, spesso le dimentica … Ci salutiamo dandoci appuntamento, solo in caso di bisogno, poco prima dell’inizio della scuola. Da allora, è trascorso più di un anno e mezzo.
Come vedere una tragedia con occhi nuovi …
Durata del trattamento: un mese
Fernanda è una signora di quasi 80 anni a cui hanno diagnosticato una rara forma di maculopatia degenerativa. L’oculista romano a cui si è rivolta le ha prospettato il rischio addirittura della cecità. Le hanno consigliato di farsi visitare anche dal dottor Tal dei Tali che è uno dei maggiori esperti nel campo e lavora a Barcellona. Lei ci va, accompagnata da marito e figlio sperando in un parere differente, che lasci almeno intravvedere qualche possibilità, invece si trova ad ascoltare la stessa secca diagnosi. Nel giro di pochissimo tempo l’umore della donna peggiora drammaticamente. I parenti sono molto preoccupati ed il figlio decide di contattarmi. Fernanda era già stata mia cliente, diversi anni prima ed in quella occasione i Fiori di Bach le avevano dato un notevole sostegno. Stavolta è completamente annichilita e non le viene neppure in mente di chiamarmi.
Mi dice di aver perso ogni speranza che si possa fare qualcosa per i suoi occhi, ed è angosciata all’idea della cecità, che avverte come una minaccia crudele e incombente. Ha la sensazione d’essere ormai arrivata alla fine di ogni cosa. Già le sembra che la vista stia nettamente peggiorando. Tutto il giorno non riesce a pensare ad altro e piange di continuo, infilandosi sempre più in una spirale ossessiva e depressiva. Come prevedibile, di notte riposa malissimo. La conosco e so che il suo carattere estremamente ansioso ed incline al pessimismo di certo non aiuta. Ma è anche una persona volitiva, che non si da per vinta facilmente. Le propongo una combinazione di rimedi per aiutarla a percepire il problema della vista in maniera un po’ meno catastrofica, risollevarla dallo stato di completa disperazione in cui si trova, infonderle fiducia nella possibilità di trovare una qualche soluzione; rasserenarla rispetto all’incognita angosciosa di diventare cieca.
Mi chiama una settimana dopo, già molto più serena e lucida, dicendomi che nonostante i parenti non siano particolarmente favorevoli ha deciso di contattare un nuovo centro oftalmico. Stavolta gli specialisti danno un responso differente, assai più rassicurante e la inseriscono in un programma di trattamento specifico del suo disturbo.
I rimedi, in questo caso, hanno aiutato Fernanda ad emergere dalle sabbie mobili di paure e disperazione in cui stava rischiando di sprofondare, permettendole di attivarsi più serenamente alla ricerca di una possibile soluzione.
Come convivere con una nonna difficile …
Durata del trattamento: nove anni e mezzo
Nicola mi contatta grazie ad un’erborista che conosce entrambi, a cui si era rivolto cercando suggerimenti per trattare la nonna con rimedi naturali. La giovane erborista, ricettiva ed aperta ad un metodo meno noto, piuttosto che proporgli passiflora e valeriana, aveva subito pensato che i Fiori di Bach fossero più adatti al caso. Nicola mi descrive la situazione in ogni dettaglio, permettendomi di preparare una miscela adatta a nonna Ersilia senza conoscerla personalmente. Il ragazzo vive, assieme alla madre ed ai fratelli, con la nonna materna, ultraottantenne. L’anziana signora, con l’avanzare dell’età, sta esasperando sempre più aspetti del proprio carattere e mostrando i sintomi di una demenza senile, che rendono davvero difficile la convivenza. Ersilia è una donna di 84 anni in ottima salute, energica e combattiva nonostante l’età, abituata a comandare tutti a bacchetta, che s’incupisce quando non ottiene quello che chiede.
Negli ultimi anni, è diventata sempre più petulante e rabbiosa, con vere e proprie manie di persecuzione nei confronti di chi frequenta la casa. Pensa che le varie collaboratrici domestiche, cerchino di derubarla e farle angherie di ogni genere e che gli stessi familiari tramino contro di lei, desiderandone la morte.
A Nicola premetto che forse ci sarà da sistemare la combinazione floreale, visto che mi baserò sulla sua visione della nonna e non sulla mia impressione diretta, come faccio di solito. Preparo una miscela per mitigare la prepotenza, i sentimenti ostili, l’atteggiamento ricattatorio e colpevolizzante che la donna cerca di attuare verso chiunque, a ridurre il rimuginamento che noi ipotizziamo (ripete continuamente le stesse cose, come un disco incantato). La miscela dovrebbe aiutarla anche a risollevare il morale basso, perché sta invecchiando e la sua vita sta volgendo al termine, ma soprattutto perché non si sente amata.
Infine si presenta un’ultima questione: quella di dire o meno ad Ersilia del trattamento a base di Fiori di Bach. Nicola è categorico: impossibile spiegarle alcunché: viste le sue fissazioni persecutorie penserebbe ad un tentativo di avvelenamento. Ci accordiamo quindi che le gocce saranno messe, a sua insaputa, nell’acqua e nelle tisane che beve quotidianamente. Nel salutarci, mi raccomando di osservare la vegliarda con maggiore attenzione per cogliere le sue reazioni e di aggiornarci passato qualche tempo.
Nicola mi richiama dopo cinque giorni, del tutto incredulo che questi “fiori di Bach”, di cui fino ad allora ignorava perfino l’esistenza, potessero avere un effetto talmente incredibile a cui lui, la madre, i fratelli, stenterebbero a credere se non fosse così evidente.
La nonna è improvvisamente più calma, più accomodante, più serena, addirittura sorridente. Nicola, e successivamente sua madre Leila, torneranno puntualmente ogni mese o poco più, a prendere i rimedi con cui gestire la nonna, notando la differenza nell’umore di Ersilia, con o senza le gocce “miracolose”. Senza ombra di dubbio peggiore nel secondo caso.
Nel corso degli anni, la formula iniziale è rimasta sostanzialmente invariata. Ancora mi complimento con me stessa del buon lavoro fatto, grazie anche alla capacità di osservazione e descrizione di Nicola. Più di quattro anni fa ho aggiunto Cherry Plum, perché stando ai racconti di Leila, nonostante la collera fosse molto diminuita, Ersilia continuava ad avere degli scoppi d’ira improvvisi. Non l’ho più tolto. In un altro paio di occasioni, ho provato ad inserire un nuovo rimedio, e affidandomi al riscontro attento di Leila, ho deciso di levarlo il mese successivo.
Dopo la fine dell’estate, passano un paio di mesi prima che Leila mi richiami. Questa volta per dirmi che le gocce sono finite da parecchio tempo e che sua madre continua ad essere complessivamente piuttosto tranquilla. Stando così le cose decide di sospendere i Fiori.
Come dare una svolta …
Durata del trattamento: nove mesi
Marina è una ragazza nella tarda trentina, lavoratrice dipendente, impegnata in una relazione affettiva che fa acqua da tutte le parti. Un’amica le ha parlato bene di me, e la sua richiesta iniziale è di aiutarla a risistemare la propria vita. Una richiesta impegnativa! Mi racconta di aver seguito una psicoterapia piuttosto lunga, alcuni anni prima e di essersi rivolta successivamente a terapeuti di vari orientamenti, per recuperare il bandolo della propria matassa mentale ed emotiva e provare a sentirsi meglio, senza ottenere risultati soddisfacenti.
Parla di instabilità emotiva, di forti sbalzi d’umore, di ansia frequente, di sentirsi sempre insicura dei propri pensieri e comportamenti e che proprio l’insicurezza fosse il tema principale emerso nella precedente psicoterapia. Mi racconta di non sopportare nessuno. A me arriva soprattutto la durezza dei tanti giudizi negativi verso se stessa. Cominciamo da lì.
I primi tre mesi sono tutti in salita. Marina avverte appena qualche cambiamento nella sua percezione; alle mie indagini, il più delle volte risponde che non sa dire se e cosa si stia modificando. Ma prende le gocce con regolarità e questo mi è sufficiente per avere conferma che i rimedi stanno attivando qualcosa di positivo, anche se ancora non se ne rende conto in maniera più consapevole.
La prima cosa di cui si accorge è di essere meno umorale e più equilibrata. L’umore però è costantemente volto al basso. I rimedi con cui comincio a lavorare agiscono nell’equilibrare i frequenti sbalzi d’umore (Scleranthus), questa era inizialmente la sua richiesta; nel migliorare la percezione di sé stessa e diminuire pensieri sgradevoli ricorrenti(Crab Apple); nell’essere meno rigorosa e giudicante verso se stessa, aspetto che concorre a generarle una forte ansia sul lavoro (Rock Water); in una maggiore tolleranza verso gli altri, ed anche verso aspetti di se che mal sopporta (Beech); sul pessimismo (Gentian) e sulla visione negativa che ha della vita: una continua fregatura da cui non c’è da aspettarsi nulla di buono (Willow). Tranne Scleranthus, costituiscono tutti lo zoccolo duro del mio intervento e li manterrò per mesi.
Soprattutto, invito Marina a fare i conti con l’atteggiamento di autocommiserazione e risentimento che, a mio avviso, domina più d’ogni altra cosa, il suo sentire. All’inizio, rifiuta di riconoscersi come una persona disfattista che si lamenta di tutto ( il rimedio Willow la costringe a confrontarsi con questa emozione), ma un poco alla volta, finisce per ammetterlo. Nell’aiutarla a ripercorrere la sua storia familiare mette a fuoco che il padre (figura di riferimento principale)avesse esattamente lo stesso atteggiamento ed ancora prima la nonna paterna. Sapere da dove abbia avuto origine questo sentimento distruttivo, e come sia stato naturale, forse inevitabile, prenderlo a modello le fa accettare più serenamente qualcosa di cui non va fiera. La incito anche a pensare che adesso, adulta e responsabile, possa scegliere di sentire ed agire anche in un modo differente, più proficuo per se stessa.
Ricordandole proprio la sua richiesta iniziale, di aiutarla a risistemare la vita, le anticipo che non sarà una passeggiata, e che limitarsi a prendere le gocce non sarà sufficiente per lei. Servirà un impegno quotidiano, nel riconoscere, riflettere, modificare pensieri e atteggiamenti. Ma la rassicuro che i rimedi faranno il loro lavoro, se si lascia perdere l’aspettativa assurda del miracolo in quattro e quattr’otto ed invece si asseconda ciò che avviene, giorno dopo giorno. Non mi interessa convincerla, le racconto solo la verità. Proprio per questo, so di essere convincente.
Un rimedio significativo per Marina sarà Gorse, perché profondamente sfiduciata di riuscire a modificare la propria infelicità. Sarà fondamentale per diversi mesi. Più volte, dovrò ricordarle il ruolo dei rimedi, “semplici”catalizzatori emotivi, e che tutto il resto dipenderà da come riuscirà a fare suoi ed elaborare gli stimoli emozionali dati dai Fiori. Una grande spinta le verrà da Elm, a rassicurala di potercela fare. Mentre lo prende, Marina mi riferirà felice e meravigliata di non avvertire più quell’affanno continuo, come se la strada fosse meno in salita e le sue gambe più forti.
Più volte, dovrò riportarla alla realtà e dissipare aspettative magiche rispetto alla terapia floreale. Intuisco che questa ragazza ha bisogno di essere incoraggiata sulle sue capacità di poter modificare ciò che non funziona, di essere spronata a notare ogni piccolo miglioramento e rassicurata che non ci sia nulla di sbagliato o d’irreparabile in sé. Nessuno l’ha mai fatto finora, e mi assumo il compito con gioia. A suo favore, ci sono l’intelligenza riflessiva, la tenacia, l’umiltà unita al coraggio di mettersi seriamente in discussione, il desiderio forte di dare una svolta alla sua vita, arrivata, come dice lei, a toccare il fondo.
Con lei introdurrò per la prima volta elementi di Mindfulness nella consulenza.
Il primo: la possibilità di allenare la nostra mente, proprio come un muscolo, all’attenzione e di guidarla intenzionalmente verso atteggiamenti più o meno salutari.
Il secondo: l’importanza della consapevolezza al nostro tipo di pensieri abituali e del riconoscimento della qualità di questi (pensieri utili e salutari piuttosto che pensieri inutili e nocivi). La scelta di non assecondare e alimentare ogni genere di produzione mentale, solo perché pensata. Quindi le propongo di non prendere così sul serio i propri pensieri, soprattutto quelli che nutrono emozioni distruttive e sulle quali stiamo lavorando da mesi con la consapevolezza ed i rimedi, come l’autocommiserazione, l’autocondanna, il giudizio negativo dell’altro.
Il terzo: la capacità di notare nella propria vita ed in sé, aspetti e qualità positive, da contrapporre a tutto il negativo e la schifezza in cui Marina si sente immersa. A cominciare dalle piccole cose di ogni giorno e di cui è piena la vita, senza cercare o aspettare nulla di eclatante.
Il quarto: l’accettazione delle emozioni sgradevoli come naturali, inevitabili ed alcune più di altre, appartenenti al proprio bagaglio emotivo, perciò più ricorrenti. Le spiego che il tentativo di evitarle ed il rifiuto non faranno altro che aumentare la sofferenza, perché sono atteggiamenti che attivano un conflitto interiore.
Il quinto: la possibilità di rivolgersi a se stessi con comprensione e compassione, proprio mentre soffriamo perché proviamo emozioni sgradevoli, come paura, ansia, tristezza, frustrazione, impotenza, angoscia, vergogna. Si tratta di imparare a diventare i migliori e più cari amici di noi stessi: una sfida irresistibile.
Il sesto: l’importanza di coltivare il sentimento della gratitudine per ogni piccolo e grande aspetto positivo della vita quotidiana, non dando nulla per scontato.
Insomma, è l’inizio di una silenziosa ma grande rivoluzione. Marina dapprincipio, accoglie questi suggerimenti con qualche esitazione, alcuni in effetti, potrebbero apparire paradossali, poi comincia a sperimentarli uno ad uno, trovandoli incredibilmente efficaci, nella loro semplicità.
Tornando ai rimedi usati, un altro grande aiuto arriva da Heather, che va ad addolcire il sentimento di solitudine e ad attenuare la drammatizzazione con cui percepisce la propria vita. E da Cherry Plum, per aiutarla a modulare l’intensità delle proprie reazioni emotive ma anche a lasciarsi andare nell’esprimere di più le emozioni.
Nel secondo periodo, quando ormai alla domanda di routine per sapere come si senta, Marina mi risponde con un “tutto sommato, bene!”, a cui crede sempre di più, lavorerò con Water Violet, Vine e Vervain per cercare di migliorare le relazioni.
Nel corso dei mesi, alle emozioni che lentamente si modificano seguono i comportamenti. Supererà la conclusione della sua relazione sentimentale, con un ragazzo troppo irrisolto, senza farne un dramma, anzi riuscendo a mantenere uno sguardo lucido. Acquisterà maggiore fiducia nel suo ruolo lavorativo di notevole responsabilità, riducendo la dose di ansia. Migliorerà la socievolezza, sentendosi più a suo agio nel mostrarsi così come è, e nell’esprimere ciò che pensa senza censurarsi, ma con più gentilezza, riuscendo a recuperare qualche amicizia, messa da parte nell’incuria.
Al nono mese di trattamento, Marina sta decisamente bene, scelgo per lei due rimedi, quasi forzandomi perché dubito che ne abbia davvero bisogno. Mi riferirà che per la prima volta, da quando ha iniziato il trattamento con i Fiori di Bach, ogni tanto dimentica di prenderli e per me significa che il lavoro è concluso. Ci salutiamo dandoci un appuntamento di controllo a due mesi. Per riassumere l’evoluzione di Marina voglio usare le sue parole: quelle di giugno,“che schifezza, la mia vita ed io ” sono diventate, nove mesi dopo, “io non sono niente male e questa vita vale la pena di essere vissuta”.